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lunedì 6 ottobre 2008

Le zeppole di San Giuseppe

Quando ero una bambina a casa mia il trascorrere delle stagioni era scandito al modo degli antichi pagani. Il vero inizio dell'anno non veniva posto, come lugubremente suole da secoli, nel bel mezzo dell'inverno. Fedeli inconsapevolmente ad ataviche conoscenze festeggiavamo, quindi, l'inizio della primavera. Il giorno di San Giuseppe, che più tardi avrei scoperto essere nient'altro che la sovrapposizione cattolica ad antichissimi rituali legati alla fine dell'inverno e alla rinascita della vita, era dunque il grande giorno. Le zeppole di mia mamma, preparate per onorare il santo, non erano, e non sono, quelle della tradizione napoletana, più simili queste ultime ai bigné, più sontuosamente farcite di crema ed elegantemente guarnite con l'amarena. Le zeppole di questa ricetta appartengono alla tradizione sarnese, o almeno da questa ha attinto la genitrice, e si presentano più simili al dolce che a Napoli chiamiamo graffe.

L'intera liturgia che ne accompagnava la fattura vedeva mia madre, la sacerdotessa, e il resto della famiglia, officianti che a vario titolo e con diverse gestualità collaboravano, impegnati l'intera giornata.

Nei miei ricordi infantili si mescolano: gli odori, le forme e i colori di queste zeppole; le immagini, mai sfocate, di mia madre, novella demiurga, che combatte con la materia informe, tesa nello sforzo di impastare; i suoi movimenti energici, che spostavano di continuo il vecchio tavolo ricoperto di formica, scostandolo dalla parete della cucina; la veloce e precisa operazione con la quale i piccoli tocchi tagliati dall'impasto assumevano la forma dovuta; la distesa di zeppole adagiata delicatamente tra fresche tovaglie di cotone, riposte sul letto e ricoperte con un plaid di lana per favorirne la lievitazione, amorevolmente, come si rimbocca la coperta ad un figlio.

L'alchimia faceva il suo corso magico facendo lievitare a dovere le zeppole. Anxhe se per meglio rendere la sacralità del processo, e l'amore che ne è motore, preferisco usare il termine della mia bella lingua napoletana: le zeppole crescevano, messe nella loro placenta di cotone e lana. A questo punto la sacerdotessa invocava l'intervento del dio Vulcano e, in una pentola alta ricolma d'olio, vera antesignana popolare e artigianale della moderna friggitrice, avviava al loro sfrigolante destino le zeppole. La tortura si concludeva quando le zeppole assumevano il loro bel incarnato color oro, solo allora, come premio all'appena trascorso dolore, venivano leggermente sgocciolate e ripassate nello zucchero. L'ultimo atto consisteva nell'ordinata disposizione su vassoi e vassoietti destinati ad omaggiare la signora Capozzi, zia Vincenza, don Franco, che erano solo una piccola rappesentanza dell'orgiastico vicinato in adorante attesa della prelibatezza di San Giuseppe, dispensata ogni anno, con assoluto senso del dono, dalla sacerdotessa.

Un capitolo a parte meriterebbe la descrizione della meritata soddisfazione di mia madre, assaporata per giorni ascoltando i commenti dei fortunati degustatori.

Dimenticavo di dire che il mio papà si chiamava Giuseppe ed era un operaio, cosicché la festa di San Giuseppe per lui, e quindi per noi tutti, era festa tre volte, essendo il suo onomastico, essendo lui un papà e un lavoratore, poiché il falegname andato in sposo a Maria è anche patrono dei lavoratori. Come dire... una festa al cubo! Anche per questa potenza matematica, forse, mia madre ancor oggi continua la tradizone e regala a molti un piccolo assaggio di felicità.

Ricetta della zeppole di San Giuseppe

Ingredienti

500 gr. di farina

500 gr di patate lesse e schiacciate con l'apposito strumento

100 gr di burro fuso

1 panetto di lievito di birra sciolto in un pò di latte tiepido (tanto quanto un bicchiere da vino)

buccia grattugiata di un limone

un pizzico di sale

1 cucchiaio raso di zucchero

3 uova

1 bustina di vanillina

liquore Strega a piacere

Per la frittura olio d'arachide.

Zucchero per decorare.

Mettere la farina sulle patate disposte a fontana, porre al suo centro tutti gli ingredienti. Lavorare fino allo sfinimento delle braccia, o comunque fino a che gli ingredienti sono tutti amalgamati e se l'impasto dovesse risultare ancora troppo umido aggiungere altra farina. A questo punto si può tagliare una pezzo d'impasto e srotolarlo con le mani per fare la zeppola a forma di graffa, ricorderebbe un pò il simbolo della lotta al cancro, all'aids etc etc. Disporre le zeppole su un tavolo (se non è abbastanza spazioso va meglio il letto...!) coprirle e lasciarle livitare per almeno due ore.

A questo punto si possono friggere in abbondante olio e passarle nello zucchero semolato con o senza cannella.

Questo post è valido per partecipare al concorso bandito da cavolettodibruxelles

http://www.cavolettodibruxelles.it/2008/09/vi-regalo-una-storia-damore

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2 Commenti:

Blogger Luk75 ha detto...

ottime le zeppole, le mangerei sempre...
luca da: http://stopdrug.wordpress.com/

15 ottobre 2008 alle ore 10:51  
Blogger LUVAZ ha detto...

grazie luk!

20 ottobre 2008 alle ore 10:28  

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