Napoletani
Pubblico, riportandolo testualmente, l'articolo del Corriere del Mezzogiorno di stamattina, buona lettura.
Dario David, 27 anni, cresciuto a Scampia, in un saggio riprende le tesi del celebre medico e analizza i volti degli abitanti del centro storico
I napoletani? Somigliano ai criminali di Lombroso
«In effetti su un punto Lombroso aveva ragione: è vero che i ‘‘delinquenti'' oggetto del suo studio avevano tutti la ‘‘stessa faccia''. Ma da qui a dire che il comportamento violento è scritto nel nostro Dna, come sosteneva, ce ne vuole». Dario David, ventisettenne napoletano originario del Vomero ma cresciuto a Scampia, si è laureato in Scienze Naturali all'Università Federico II con una tesi che riprende, ‘‘viviseziona'', in parte boccia e in parte promuove la discussa teoria eleborata da Cesare Lombroso nella seconda metà dell'800.Il suo lavoro, durato circa due anni e mezzo, è diventato un libro, ‘‘La vera storia del cranio di Pulcinella: le ragioni di Lombroso, le verità dell'antropologia criminale'', che uscirà per i tipi di Magi Edizioni Scientifiche a fine mese. Una tesi ardita, quella di David, che in definitiva, al termine di un'analisi condotta con metodi scientifici, lo porta a dire che «l'identikit dell'abitante medio di alcuni quartieri del centro storico di Napoli, sostanzialmente coincide con il criminale- tipo individuato da Lombroso».Insomma, idea coraggiosa, la sua. Come minimo si guadagnerà l'epiteto di reazionario, se non di razzista... «Si, lo so; ma non è così. Quando ho proposto una tesi su questo tema al mio professore è inorridito, ma quando gli ho portato le prime evidenze scientifiche del mio ragionamento mi ha incoraggiato ad andare avanti. In fondo il mio lavoro parte dalla teoria di Lombroso, ma arriva a conclusioni diverse».Iniziamo dal principio: come l'è venuta l'idea di ragionare su questo tema? «Qualche anno fa ho subito un tentativo di rapina. Ho denunciato l'aggressione e, in commissariato, mi sono state mostrate una serie di foto segnaletiche: la somiglianza tra i soggetti schedati era sorprendente. Allora è iniziata la mia inchiesta. Ho scattato cento fotografie a soggetti adulti residenti nelle aree considerate ad alta densità criminale, e cioè, per il centro, Forcella, Sanità, Cavone e Quartieri Spagnoli, e, per la periferia, la cosiddetta 167, e altrettanti scatti li ho ‘‘rubati'' nei quartieri cosiddetti ‘‘bene'' della città. Di qui è iniziato il lavoro di classificazione scientifica».Cosa ne è venuto fuori e, soprattutto, che metodo di osservazione ha usato? «Ho analizzato i tratti somatici dei soggetti rientranti nel campione usando le tabelle di biotipologia umana. Senza dubbio esistono dei tratti preponderanti negli abitanti dei quartieri del centro. Ciò è dovuto al fatto che alcuni tratti somatici tendono a cristallizzarsi in luoghi particolarmente ‘‘chiusi'': non parliamo infatti di zone di ritrovo o boulevard turistici, ma di quello che Matilde Serao definì ‘‘Ventre di Napoli'', dove difficilmente si trova a passare chi non vi abita o lavora e dove spesso le famiglie si imparentano tra di loro riproducendo la stessa fisinomia».Certo, questo è abbastanza evidente, ma che c'entra Lombroso? In fondo lei ha ragionato su foto di gente comune, fino a prova contraria onesta, e non su soggetti criminali. «Certo, ma è venuto fuori che i tratti somatici comuni ai soggetti che abitano certe aree del Centro sono gli stessi che Lombroso rilevò nei ‘‘delinquenti'' napoletani e calabresi e che definì caratteri ‘‘abnormi e animaleschi''. Parliamo di individui robusti, non particolarmente alti, con un'attaccatura dei capelli decisamente bassa e una fronte sfuggente e ondulata, ovvero che se vista di profilo ricorda la sagoma stilizzata di un gabbiano. Ciò è dovuto al fatto che la struttura ossea retrostante alle sopracciglia, la gabella, è leggermente più sporgente. Per esempio, la presenza di una fronte sfuggente e ondulata si aggira intorno al 50 per cento degli uomini, e nel 64 per cento dei casi è abbinata agli altri caratteri tipici, invece nei campioni misti, prelevati da tutti gli altri quartieri della città, questa tendenza non supera il 12 per cento. Spesso anche la mandibola è più larga e quasi tutti gli individui presentano una circonferenza del collo relativamente molto robusta».Dunque?« La debolezza della teoria lombrosiana sta nel fatto che a quel tempo l'approccio non coniugava ecologia, etologia e sociologia. Mi spiego meglio. Oggi sappiamo che i crimini della piccola (e grande) delinquenza vengono compiuti con maggior frequenza da persone che abitano in zone con simili back-ground sociali, storici, urbanistici ed economici e che ai tempi di Lombroso — oggi solo in parte è così — delinqueva soprattutto chi abitava nei quartieri più poveri, dove la carriera criminale costituiva un'opportunità per sfuggire alla miseria. Dunque quando il medico torinese si trovò ad analizzare le persone in stato di arresto, forse ragionò così: in questo gruppo si somigliano fisicamente, in questo stesso gruppo si comportano similmente, dunque questi tratti somatici rendono l'uomo un delinquente. Ed è qui che ha sbagliato: la concomitanza fra tratti somatici e abitudini di vita, lo portò a proporre un principio diretto di causa-effetto per spiegare un fenomeno che in realtà è indiretto, ambientale e storico
».Chiara Marasca
2 Commenti:
Secondo me è arrabbiato perché voleva vivere al Vomero e invece s'è beccato la 167. Però può sempre prendere la metropolitana.
hahuhauuhauhauhauahhauhua.
beh visto che gli pubblicheranno la tesi forse potrà ritornare al vomero,hai visto mai?
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